"Je pose la tasse et me tourne vers mon esprit. C’est à lui de trouver la
vérité"

giovedì 17 marzo 2011

L'avanguardia del linguaggio - Magritte


What one must paint is the image of resemblance — if thought is to become visible in the world.
(R.Magritte)


Alcune avanguardie artistiche del Novecento (Dadaismo, concettualismo, cubismo e futurismo) sono segnate dal ritorno alla coesistenza tra immagini e parole. Anche Magritte, che risente dell'influenza di De Chirico, realizza verso la fine degli anni '20 numerosi esperimenti su questo tema. Per perseguire il suo scopo, dimostrare la divergenza di significato tra le immagini e le parole, dipinge nel triennio 27-29 una serie di tele simili variando ogni volta un particolare.
Magritte voleva mettere i lettori delle sue opere al corrente dei processi attraverso i quali la realtà viene vista e compresa. La sua ricerca dai caratteri filosofici e kantiani in particolare attira l'attenzione di Michel Foucault, che dedicherà nel 1973 un intero saggio, Ceci n'est pas une pipe ed è ugualmente ispirata da quest'ultimo e dalla sua opera Le parole e le cose.
Significato/rappresentazione/somiglianza:
Un segno si definisce “icona” quando assomiglia a ciò a cui si riferisce. È il caso della scrittura geroglifica, che si limita alle realtà rappresentabili e che, per ovvi motivi, è priva di simboli astratti nè può rendere I concetti di negazione, implicazione logica o di non-esistenza. Il linguaggio, per essere universale, deve superare il concetto di iconicità e diventare arbitrario, cioè convenzionale.

The palace of curtains, 1929
La rappresentazione visiva dipende dalla somiglianza, cioè la similitudine della forma o dell'aspetto. Un segno, per rappresentare una realtà, deve essere un'astrazione che comunque conserva alcune peculiarità della realtà di partenza, ma che, attraverso la stilizzazione di alcuni dettagli, è rappresentativo di un'intera classe di oggetti simili. Più un oggetto è stilizzato e più è assimilabile ad un'entità astratta. 
In The palace of Curtains una cornice che contiene la parola “cielo” è posta vicino ad un'altra in cui il cielo è dipinto. Sono entrambe rappresentazioni, una basata sulla somiglianza e l'altra sulla associazione arbitraria.


Living Mirror, 1927
Tornando al tema principale delle immagini e delle parole, si può notare come Magritte, oltre a separarle in diverse cornici, abbia spesso cercato vari modi per combinarle. Ha provato, nella tela Living mirror, a collegare le parole in una serie di riquadri.


The use of speech, 1928
In questa tela, “The use of speech”, il tema delle parole nei fumetti viene proposto in una prospettiva diversa: in apparenza l'osservatore riconosce una situazione normale, ma lo scambio di battute tra I personaggi non rispetta alcuna regola di consequenzialità: le piano / la violette. Dall'interpretazione del critico inglese David Sylvester quest'opera potrebbe rappresentare una conversazione surrealistica tra Magritte e Breton, che giocano sulle associazioni di parole: il loro discorso qui perde la sua efficacia comunicativa, cioè non rappresenta niente. 


Osserviamo adesso uno dei quadri più conosciuti, Il tradimento delle immagini. Magritte rappresenta una pipa sotto la quale scrive in corsivo “ceci n'est pas une pipe”. Con questa frase l'artista vuole correggere il pensiero di chiunque associ l'immagine ad una pipa vera. Rivela la frattura tra il mondo dei segni e il mondo della realtà. I segni non sono che entità arbitrarie: significato e significante hanno un rapporto oggettivo e la relazione che intercorre tra il segno e la sua rappresentazione, non solo frantuma la consapevolezza, intrinseca in ognuno di noi, della scissione tra il linguaggio e la realtà, ma diviene la negazione di se stessa.
Il tradimento delle Immagini (questa non è una pipa)
Foucault, con cui Magritte intrattenne più rapporti analizza i quadri dell’artista in un saggio intitolato Ceci n'est pas une pipe. Foucault considera quest’opera un calligramma, ma con una sostanziale differenza: Nel calligramma la cosa di cui si parla e la disposizione dei segni che ne formano il testo combaciano perfettamente, quindi leggere e guardare coincidono. Ma in questo caso fra le due attività si sviluppa un potenziale conflitto, la lettura smentisce la cosa guardata.
Inoltre, suggerisce Foucault, la parola “ceci” (questa) potrebbe riferirsi alla frase stessa: questa (frase) non è una pipa, ma qui sopra ne è rappresentata una. Questo definirebbe la superiorità dell'immagine sulla parola. La legge semiotica qui esposta chiarisce che le didascalie delle immagini non hanno alcun significato, se non in riferimento a queste ultime.

Key to Dreams 1
Nella serie Key to Dreams, Magritte ritorna al rapporto tradizionale tra immagine e parola. Non è solo un'equivalenza tra parola e oggetto, ma di una corrispondenza esatta. La chiave dei sogni è il paradigma dell’associazione inaspettata, dove l’incoerenza crea uno stato dissociativo nelle nostre abitudini mentali, e ci invita a riflettere su quanto i codici , i segni e la loro arbitrarietà influenzano il nostro modo di vedere e di percepire la realtà.

La scelta dei titoli
Poichè le immagini rappresentano le cose, è consuetudine identificare la parola con l'immagine. Il nome permette a chi osserva l'opera di riconoscere la cosa e di ammirare la somiglianza o ricondurre l'immagine alla realtà. Questa pratica non rappresenta solo la superiorità del linguaggio sull'immagine, ma conferma la funzione dell'immagine come rappresentazione. Quando, nel XX secolo, l'artista abbandona la rappresentazione in favore dell'astrazione, il titolo assume un ruolo di rilievo nell'identificre l'immagine stessa, di solito in termini di caratteristiche compositive. Con il cambiamento dell'essenza stessa della rappresentazione (come si è visto con Magritte) i titoli tendono a diventare indiretti ed allusivi e spesso si riferiscono a realtà non comunemente conosciute, che prescindono dall'esperienza dell'osservatore. La maggior parte dei titoli di Magritte appartiene a questa categoria. Di queste frasi poetiche solo poche descrivono il dipinto.

A.


Come si è detto all'inizio, le indagini sul linguaggio verbale e rappresentativo sono il leitmotif della produzione artistica di Magritte della fine degli anni '20. Non sono, queste, ricerche filosofiche sulla teoria del significato, infatti l'artista pone molti problemi a cui non dà risposta. La sua ricerca su argomenti come la dipendenza della rappresentazione dalla cornice e la equivalenza (o non) tra parole e immagini ha come obiettivo la distruzione delle convinzioni comuni. I temi delle opere qui presentate si riducono quindi alla pura indagine. Magritte è il primo semiologo dell'immagine visiva.

giovedì 3 marzo 2011

A single man.

A SINGLE MAN.





"Tom Ford debutta con un melodramma impeccabile come un paio di Oxford lucidate a specchio"
A Single Man è un film del 2009, esordio alla regia dello stilista Tom Ford.
Los Angeles, 1962. George Falconer (Colin Firth) è un uomo solo. Professore inglese di letteratura all'università, George ha perso in un incidente il compagno amato da sedici anni. Incapace di reagire al lutto e all'afflizione, riordina carte, oggetti e sentimenti e decide di togliersi la vita con un colpo di pistola. Proveranno a “ripararlo” e a trattenerlo sul baratro, Charley, una vecchia amica delusa e disillusa, e Kenny, uno studente disponibile e sensibile. Spiegati i missili nucleari a Cuba e puntata l'arma alla tempia, la “crisi” pubblica e privata è destinata a esplodere o a rientrare.
Una cravatta, un paio di gemelli, un paio di scarpe, una lettera, due lettere, un vestito regalato e poi indossato, un libro mai chiuso, un disco ascoltato: oggetti scoperti dalla macchina da presa di Tom Ford, abbandonati nelle inquadrature come indizi, tracce, segni, impronte del destino. Lo stilista statunitense che ha rilanciato le case di moda Gucci e Yves Saint Laurent debutta alla regia, impeccabile come un paio di Oxford lucidate a specchio.
George Falconer trascorre lieve attraverso i giorni fintanto che la tragedia nereggia ancora lontana,ma mai assente per davvero. Stanco di soffrire, comincia ad anelare la morte,sollievo di molti : oramai nè i libri nè la classe in cui insegna,nell'apparente pienezza che concedono al suo animo,possono sanare il dramma che ha vissuto.
L'esattezza sconvolgente delle ore,dei minuti,dei secondi, che si consumano in sonori "tac",sovvertono la sua compostezza sul lavoro e nella vita quotidiana,le amicizie e gli affetti che testimoniano un altro da sè, impallidiscono all'ombra di un destino imminente, qual è la morte, da lungo attesa, a lungo messa da parte e rimandata, sigillata in una pistola laccata in nero.
E' il trionfo inesorabile del kronos contro kairos : non vi è più un tempo qualitativo nella vita di George,niente sopra il quale sia bene soffermarsi accade nelle sue giornate, questa almeno è la sua idea, in verità incontra persone che,altrimenti,in una seconda vita,nella più amletica delle ipotesi,avrebbero abbracciato i suoi dolori.
Ed è forse questo uno degli aspetti più affascinanti del film, che rivelano l'inadeguatezza del mondo a sè stesso, di un mondo che offre,mettendoci sul cammino di alcune persone,per poi reclamare,facendoci passare oltre, per dimenticare ed essere dimenticati con la velocità di un passo. George Falconer ha deciso di dissociarsi dalla catena che manda avanti il mondo,dalla meccanica disposizione dei giorni, rifuggendo il sentimento e pure la vaga possibilità di questo che trapela dagli incontri,seppure fugaci, che fa nel corso del film. Egli vive in un'ambra di prolungata e desolata tristezza,nella quale appunto solo uno studente (Nicholas Hoult) e una vecchia amica disincantata (Julienne Moore)irrompono con rispetto devoto  uno e  impeto di un'antica passione l'altra, volendo così procrastinare un momento sfuggito da tutti, George incluso.
L'ambra è però destinata ad incrinarsi e a rompersi e permettere che George,eroe disancorato e di un'eleganza luttuosa non indifferente (vestiti Tom Ford) si ricongiunga con colui che fu il perduto vero amore.
Alla storia,malinconica e toccante, si affianca la precisione di una fotografia nitida e attenta ai particolari, e la leggerezza di una musica che si lega perfettamente in simbiosi con parole,sguardi e dialoghi, proponendo ai nostri occhi e orecchie insaziabili un capolavoro a parer di tutti  coloro che vi sapranno avvertire la chiamata universale celata dietro all'individualità di una solitudine senza età.
Trailer- a single man.
Ang.