"Je pose la tasse et me tourne vers mon esprit. C’est à lui de trouver la
vérité"

domenica 25 dicembre 2011

Buon Natale!

Tanti cari auguri a tutti! Mancano pochi giorni al primo compleanno del blog, quindi ne approfittiamo per ringraziare con particolare affetto i nostri (pochi) lettori che hanno seguito questi primi passi. Buona giornata!

martedì 6 dicembre 2011

My favorite thing is to go where i've never been -Diane Arbus-


Diane Arbus holds "Child with Toy Hand Grenade in Central Park"

Diane Arbus: la fotografa "contro" che restituì dignita a freak e marginali, scandalizzò l'America e cambiò il costume.
Quale sarà stata in fondo la vera Diane Arbus? La più vicina alla ricca Diane Nemerov nata il 14 marzo 1923 da una famiglia altoborghese ebrea di origine russa? Forse non lo sapremo mai. Neppure dopo averla vista interpreta sul grande schermo da Nicole Kidman nel confuso eppure intrigante Fur. Neppure dopo l'unica biografia autorizzata dalla famiglia (Revelations scritta dalla figlia Doon) e neppure dopo l'ultimo libro uscito in Usa quest'estate (an Emergency on Slow Motion, Bloomsbury) in cui William Todd Schultz promette rivelazioni, solo in parte mantenute. Perchè il destino della fotografa che negli anni Sessanta-Settanta ha trasformato freak e marginali (travestiti,malati di mente, handicappati, bambini che giocano con bombe giocattolo a Central Park, dominatrici che abbracciano i propri clienti, mangiatrici di spade, nudisti per niente tonici) in soggetti degni di essere guardati (basti pensare allo straziante ritratto del gigante con i suoi genitori) è in fondo quello di continuare a rimanere "fuori fuoco". Forever.
Ma niente, si sa, è per sempre. Tantomeno la vita segreta di una dei grandi della fotografia, quella che aveva studiato disegno con un'alunna di Grosz( il ritratto della donna con i guanti bianchi del 1963 lo dimostra in modo perentorio), quella che con il marito Alan Arbus(pure lui fotografo, da cui avrebbe divorziato nel 1969) aveva aperto uno studio a New York(per l'epoca assai à la page)impegnato soprattutto con le riviste di moda( da "Glamour" a "Seventeen" a "Vogue" passando dal "New York Times" e "Children Fashion".) Anche perchè il mito, con tutti i suoi pericolosi fraintendimenti, è dietro l'angolo quando, il 26 luglio 1971, ci si suicida (come farà Diane) con una dose da cavallo di barbiturici e ci si taglia le vene nella vasca da bagno. Mentre, tanto per gradire, un tuo vecchio amico, un grande regista chiamato Stanley Kubrick, qualche anno più tardi penserà bene di mettere in scena in uno dei suoi capolavori (Shining del 1980) non solo una delle tue foto più celebri (Identical Twins) ma anche il momento della tua morte, richiudendolo tra gli implacabili incubi della camera 237 dell'Overlook Hotel.


"Identical Twins" 1967
E tutto accadrà, racconteranno le cronache, solo perchè ci si è sentiti oppressi dal successo (decretato persino da una mostra al grande MoMa), un successo nato dall'essere in parte identificata come "fotografa dei mostri", quasi una condanna che spingerà Diane fino (e ben oltre) il confine della depressione. " Prima era molto contenta, poi le sembrò di aver letteralmente perso il controllo" racconta Lisette che aveva lavorato con lei come modella nella serie Untitled del 1970 realizzata in un istituto per disabili. La serie in qualche modo della frattura definitiva, quella (celeberrima) dei gruppi di uomini e donne mascherati che sembrano creature uscite fuori da una Fairy Tale settecentesca o da un Midsummer Night Dream di shakespeariana memoria ( a chiudere la sua storia sarebbero state però immagini di prostitute e bordelli.)


"Child with Toy Hand Grenade in Central Park" 1970

Lentamente hanno cominciato a prendere forma i pensieri della fotografa. Grazie ai taccuini, ai blocchi di appunti, alle cartoline, alle lettere inviate agli amici, insomma a tutte quelle carte riempite ossessivamente da una calligrafia fitta e assai inclinata, carte che ad ogni mostra sembrano voler prendere sempre maggior corpo.
A Parigi, al Jeau de Paume (fino al 5 febbraio), sulla scia di una voglia di guardare l'artista dal buco della serratura che ha prodotto certi spunti della mostra di Edvard Munch al Centre Pompidou e di quella sui fratelli Stein al Grand Palais, due intere stanze sono così dedicate a quel che resta di scritto di Diane Arbus.
I visitatori, questa volta, in una ribaltamento del desiderio di Diane di  voler rubare un'umanità nuda e compiacente, cercano di impossessarsi, attraverso quelle carte, dei segreti della fotografa che avrebbe tracciato la strada di un'altra grande comme Anne Leibovitz .
"La mia vita è tutta qui- scrive Diane in un suo appunto del 1959- nella calma piena di paura che prova un bambino davanti a chi lo aspetta e gli chiede: perchè non sei pronto?" Una calma non certo piatta, un porto non certo sicuro( "sono nell'occhio del ciclone"annota più sotto), un mare frastagliato (come i collage che ricoprivano le pareti del suo appartamento di Westbeth)che accoglie persino frammenti della filosofia di Platone: "Una cosa non si vede perchè è visibile, ma al contrario è visibile perchè si vede."
Un mare crudele con le sue vittime perchè " la crudeltà non è altro che una forma estrema di confidenza, una forma di confidenza assoluta." Solo così si possono giustificare altri appunti che associano ad ogni nome una qualifica non certo political correct (la più gentile è "grasso".) Solo così si può capire quella confidenza unica che la Arbus cercava con uomini, donne e bambini per trovare il segreto di "quella rigidità , emotiva e no, che condiziona tutti i rapporti umani"


"Woman at Counter "1962 *
Diceva anche: " Voglio fotografare le cerimonie del presente, perchè sono i simboli e i monumenti della nostra società. Voglio coglierne l'essenza, tutto quello che si nasconde dietro l'apparenza."
Ecco allora svelarsi solo uno dei segreti della fotografa: oltrepassare sempre lo specchio scuro della realtà. "La prima parte della mia storia è frutto della mia fantasia", scriverà a margine della sua autobiografia del 1934, durante gli anni del liceo, prima ancora di diventare fotografa (quando era soltanto una ragazza dall'aria inquieta pettinata alla maniera di Veronica Lake.)Una storia da compilare ognuno a suo modo lasciando però sempre tanti spazi bianchi sulla pagina. 
E allora, tutti quei taccuini riempiti con una calligrafia fitta e molto inclinata?Un modo come un altro per nascondersi ancora di più. "Perchè- parole sue- il fotografo è un segreto su un altro segreto. Più parla, meno puoi sapere di lui"
"Self-portrait in mirror"

L'articolo è stato tratto dall'inserto "laLettura" del Corriere della sera e sono state apportate delle modifiche ad alcune parti.

*"Woman at counter" sembra prendere spunto dalla donne di Hopper.