What one must paint is the image of resemblance — if thought is to become visible in the world.
(R.Magritte)
Alcune avanguardie artistiche del Novecento (Dadaismo, concettualismo, cubismo e futurismo) sono segnate dal ritorno alla coesistenza tra immagini e parole. Anche Magritte, che risente dell'influenza di De Chirico, realizza verso la fine degli anni '20 numerosi esperimenti su questo tema. Per perseguire il suo scopo, dimostrare la divergenza di significato tra le immagini e le parole, dipinge nel triennio 27-29 una serie di tele simili variando ogni volta un particolare.
Magritte voleva mettere i lettori delle sue opere al corrente dei processi attraverso i quali la realtà viene vista e compresa. La sua ricerca dai caratteri filosofici e kantiani in particolare attira l'attenzione di Michel Foucault, che dedicherà nel 1973 un intero saggio, Ceci n'est pas une pipe ed è ugualmente ispirata da quest'ultimo e dalla sua opera Le parole e le cose.
Significato/rappresentazione/somiglianza:
Un segno si definisce “icona” quando assomiglia a ciò a cui si riferisce. È il caso della scrittura geroglifica, che si limita alle realtà rappresentabili e che, per ovvi motivi, è priva di simboli astratti nè può rendere I concetti di negazione, implicazione logica o di non-esistenza. Il linguaggio, per essere universale, deve superare il concetto di iconicità e diventare arbitrario, cioè convenzionale. The palace of curtains, 1929 |
Living Mirror, 1927 |
The use of speech, 1928 |
Il tradimento delle Immagini (questa non è una pipa) |
Foucault, con cui Magritte intrattenne più rapporti analizza i quadri dell’artista in un saggio intitolato Ceci n'est pas une pipe. Foucault considera quest’opera un calligramma, ma con una sostanziale differenza: Nel calligramma la cosa di cui si parla e la disposizione dei segni che ne formano il testo combaciano perfettamente, quindi leggere e guardare coincidono. Ma in questo caso fra le due attività si sviluppa un potenziale conflitto, la lettura smentisce la cosa guardata.
Inoltre, suggerisce Foucault, la parola “ceci” (questa) potrebbe riferirsi alla frase stessa: questa (frase) non è una pipa, ma qui sopra ne è rappresentata una. Questo definirebbe la superiorità dell'immagine sulla parola. La legge semiotica qui esposta chiarisce che le didascalie delle immagini non hanno alcun significato, se non in riferimento a queste ultime.
Key to Dreams 1 |
Nella serie Key to Dreams, Magritte ritorna al rapporto tradizionale tra immagine e parola. Non è solo un'equivalenza tra parola e oggetto, ma di una corrispondenza esatta. La chiave dei sogni è il paradigma dell’associazione inaspettata, dove l’incoerenza crea uno stato dissociativo nelle nostre abitudini mentali, e ci invita a riflettere su quanto i codici , i segni e la loro arbitrarietà influenzano il nostro modo di vedere e di percepire la realtà.
La scelta dei titoli
Poichè le immagini rappresentano le cose, è consuetudine identificare la parola con l'immagine. Il nome permette a chi osserva l'opera di riconoscere la cosa e di ammirare la somiglianza o ricondurre l'immagine alla realtà. Questa pratica non rappresenta solo la superiorità del linguaggio sull'immagine, ma conferma la funzione dell'immagine come rappresentazione. Quando, nel XX secolo, l'artista abbandona la rappresentazione in favore dell'astrazione, il titolo assume un ruolo di rilievo nell'identificre l'immagine stessa, di solito in termini di caratteristiche compositive. Con il cambiamento dell'essenza stessa della rappresentazione (come si è visto con Magritte) i titoli tendono a diventare indiretti ed allusivi e spesso si riferiscono a realtà non comunemente conosciute, che prescindono dall'esperienza dell'osservatore. La maggior parte dei titoli di Magritte appartiene a questa categoria. Di queste frasi poetiche solo poche descrivono il dipinto.
Come si è detto all'inizio, le indagini sul linguaggio verbale e rappresentativo sono il leitmotif della produzione artistica di Magritte della fine degli anni '20. Non sono, queste, ricerche filosofiche sulla teoria del significato, infatti l'artista pone molti problemi a cui non dà risposta. La sua ricerca su argomenti come la dipendenza della rappresentazione dalla cornice e la equivalenza (o non) tra parole e immagini ha come obiettivo la distruzione delle convinzioni comuni. I temi delle opere qui presentate si riducono quindi alla pura indagine. Magritte è il primo semiologo dell'immagine visiva.
Poichè le immagini rappresentano le cose, è consuetudine identificare la parola con l'immagine. Il nome permette a chi osserva l'opera di riconoscere la cosa e di ammirare la somiglianza o ricondurre l'immagine alla realtà. Questa pratica non rappresenta solo la superiorità del linguaggio sull'immagine, ma conferma la funzione dell'immagine come rappresentazione. Quando, nel XX secolo, l'artista abbandona la rappresentazione in favore dell'astrazione, il titolo assume un ruolo di rilievo nell'identificre l'immagine stessa, di solito in termini di caratteristiche compositive. Con il cambiamento dell'essenza stessa della rappresentazione (come si è visto con Magritte) i titoli tendono a diventare indiretti ed allusivi e spesso si riferiscono a realtà non comunemente conosciute, che prescindono dall'esperienza dell'osservatore. La maggior parte dei titoli di Magritte appartiene a questa categoria. Di queste frasi poetiche solo poche descrivono il dipinto.
A.
Come si è detto all'inizio, le indagini sul linguaggio verbale e rappresentativo sono il leitmotif della produzione artistica di Magritte della fine degli anni '20. Non sono, queste, ricerche filosofiche sulla teoria del significato, infatti l'artista pone molti problemi a cui non dà risposta. La sua ricerca su argomenti come la dipendenza della rappresentazione dalla cornice e la equivalenza (o non) tra parole e immagini ha come obiettivo la distruzione delle convinzioni comuni. I temi delle opere qui presentate si riducono quindi alla pura indagine. Magritte è il primo semiologo dell'immagine visiva.